mercoledì 25 luglio 2012

Il Niger: il Paese peggiore al mondo dove essere madre


Secondo il XIII Rapporto sullo Stato delle Madri nel Mondo di Save the Children, il Niger è diventato il Paese peggiore al mondo dove essere madre, raccogliendo questo drammatico testimone dall’Afghanistan, che ha occupato l’ultima posizione nei 2 anni precedenti.

La Norvegia si conferma invece al primo posto, in una classifica che comprende 165 Paesi e tiene conto di fattori come la salute, l’istruzione e lo stato economico e sociale delle madri, insieme ad indicatori della condizione infantile quali salute e alimentazione. L’Italia è scesa in 2 anni dal 17° al 21° posto e non è stata capace di segnare nell’ultimo anno progressi significativi.

La distanza abissale che separa le condizioni di donne e madri e dei loro figli tra il primo e l’ultimo paese della classifica ben rappresenta le enormi disparità esistenti tra i paesi più sviluppati del pianeta e quelli più poveri.

In Norvegia una donna riceve in media ben 18 anni di istruzione scolastica contro i 4 del Niger, dove a livello politico solo il 14% dei seggi in parlamento sono occupati da donne contro il 40% dell’assemblea norvegese. Solo il 5% delle donne nigerine utilizza i moderni metodi contraccettivi mentre sono ben 4 su 5 quelle che li utilizzano in Norvegia.

L’esperienza della maternità segna, se possibile, distanze ancora maggiori: il 100% delle nascite nel paese scandinavo, infatti, avviene con l’assistenza di personale medico specializzato, che è presente invece solo in un caso su tre in Niger, dove 1 mamma su 16 muore per cause legate alla gravidanza o al parto (il rischio di mortalità materna è di 1 su 7.600 in Norvegia).

L’Italia si colloca al 21° posto della classifica – a metà dei 43 paesi più sviluppati - ma alle spalle di Portogallo (15°), Spagna (16°) e Grecia (20°).
Colpiscono in particolare in negativo i dati relativi alla condizione della donna e al suo ruolo o riconoscimento sociale nel nostro Paese. La percentuale delle donne sedute in parlamento per esempio è pari al 21%, e, benché aumentata di un punto percentuale rispetto allo scorso anno, risulta inferiore rispetto a quella di paesi come l’Afganistan (28%), l’Angola (38%) o il Mozambico (39%).
Lo stipendio medio delle donne non va oltre al 49% di quello degli uomini a parità di mansioni, tra i paesi sviluppati fanno peggio solo l’Austria (40%), il Giappone e Malta (45%), mentre invece 2 paesi su 3 registrano una percentuale superiore al 60%.
Solo il 41% delle donne italiane utilizza i moderni metodi contraccettivi, una percentuale inferiore a quella di paesi come Botswana (42%), Zimbabwe (58%), ma anche Egitto (58%) e Tunisia (52%), e molto distante dall’82% della Norvegia.

Nutrizione e mortalità infantile

Più in generale, il Rapporto sullo Stato delle Madri nel Mondo esplora quest’anno a fondo l’aspetto della nutrizione, un fattore chiave per il benessere delle mamme e dei loro bambini: ben il 25% delle morti materne e più di un terzo di quelle infantili nel mondo dovute proprio alla malnutrizione.

Per quanto riguarda le situazioni di emergenza, nel solo Niger, ultimo paese nella classifica di Save the Children, la grave crisi alimentare in atto sta minacciando direttamente la vita di 1 milione di bambini, ma sono ben 7 i paesi tra gli ultimi 10 ad essere attualmente colpiti da una crisi analoga.

Nei 30 paesi meno sviluppati la percentuale di bambini affetti da rachitismo - la condizione medica causata dalla malnutrizione cronica che ne impedisce lo sviluppo e la crescita mentale e fisica – è del 40% o più, ed è peggiorata negli ultimi vent’anni in 4 tra gli ultimi 10 paesi della classifica. In Asia, nonostante i progressi fatti in alcuni paesi, il rachitismo colpisce la metà dei bambini che vivono in Afghanistan e India.

L’estrema gravità di questi dati risulta ancora più evidente se si pensa che l’esposizione concreta al rischio di malnutrizione cronica riguarda oggi, nel mondo, ben 171 milioni di bambini.

Il Rapporto dedica una particolare attenzione ai primi 1000 giorni di vita del bambino, che vanno dal concepimento al completamento del secondo anno. È in questo periodo che si concentrano le principali minacce derivanti dalla malnutrizione, la sopravvivenza al parto pur in condizioni estreme non è infatti purtroppo sufficiente in molti paesi del mondo a garantire il futuro dei neonati.

Soluzioni semplici e a basso costo

Le soluzioni semplici e a basso costo ci sono. Basti pensare, come dimostra in dettaglio il rapporto, che con una maggiore diffusione della pratica di allattamento al seno, che è parte integrante dei nostri interventi, si potrebbero salvare un milione di bambini in più all’anno, lo testimoniano i successi raggiunti da un paese pur a basso reddito come il Madagascar. Ancora oggi invece, meno del 40% di tutti i neonati nei paesi in via di sviluppo riceve i pieni benefici di questa pratica e in Niger, ultimo paese nella nostra classifica, solo il 27% riceve un allattamento esclusivo al seno nei primi 6 mesi.” ha dichiarato Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia.

Se oltre all’allattamento al seno venissero impiegati anche altri pochi rimedi come Ferro Folato, Vitamina A, Zinco, norme igieniche di base e nutrizione integrativa, che un operatore sanitario di comunità preparato potrebbe facilmente applicare nei primi 1000 giorni a un costo inferiore ai 20 dollari per bambino, si potrebbero salvare un ulteriore milione di bambini ogni anno, per un totale di 2 milioni.

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